I caplett
I caplett, oggigiorn, en t’la bustana né più né mèn com l’caramell, fatti col stamp… sensa fisionomia!
S’ trov’n sempr non sol a Natel..
Così in dialetto li descrive Adele Rondini nel suo libro S’L’Arola.
e cioè:
Oggi, i cappelletti si trovano in busta, proprio come le caramelle, fatti con lo stampo… senza fisionomia. Si possono trovare sempre e non solo a Natale. Ma quando io ero bambina, era un pasto d’eccezione, riservato al Natale e al Capodanno.
Vuoi considerare, poi, il sapore che aveva il ripieno? Non c’è possibilità di confronto, sarebbe un’offesa… Se non ci si crede non resta che provarlo.
Si cucina arrosto e al sangue, ai ferri, una fetta di carne suina tagliata nel coscio (prosciutto) o nella bistecca, pur che sia di maiale e di razza nera, allevato a ghianda e granturco, una fetta di carne vaccina, preferibilmente nostrana e, per terzo una fetta di petto di cappone.
Esteriormente cotti e rosolati, si battono il più finemente possibile, si aggiunga il parmigiano, la noce moscata, insieme alla cannella in polvere, il burro e le uova.
Poi, nei tondelli di pasta, tutta uova e fatta a mano, ben lavorata e ben tirata, tanto da sembrare seta trasparente, tagliata a dischetti con un coperchietto piccolo si confezionavano i cappelletti.
Il fatto restava allora nella storia (della famiglia) per un intero anno, come momento di grande soddisfazione, di gioia vera, senza confronto.
E che gusto ci dava, poi, a prepararli! Mamma li tagliava e noi che divertimento a mangiarli crudi di nascosto…! Si gareggiava, incredibile, per farli graziosi…all’alpina…o con la falda alla sbarazzina! Era un bel gioco e intanto sulla spianatoia venivano disposti fieramente in fila.
Poi si dividevano in due parti uguali metà per il Natale, metà per il primo giorno dell’anno nuovo. Cotti in brodo..
Ancora oggi le donne del mio paese si incontrano nelle varie case per realizzare questo piatto pregiato per le loro famiglie.
Ogni sera una casa diversa per soddisfare i palati di tutti e regalare gioia e amore.