Non sul piatto che misura l’abbondanza della tavola o privilegia questo o quello con il boccone più buono, ma sul tagliere che non ha bordi, come una vasta spianata senza confini, attorno alla quale tutti si stringono per assaporare il medesimo contatto.
Su quello stesso tagliere mia madre ci fa le tagliatelle e i dolci che danno il gusto al passare delle stagioni, come le castagnole o le cresciole che fanno carnevale, come la crescia di Pasqua che sa di primavera, come il ciambellone che dà il sapore alle prime gite in campagna, e poi le crostate, le torte margherite, i biscotti, le ciambelle di Santa Lucia e il pane di una volta che si manteneva fresco per una quindicina di giorni. E’ un’amalgama di condimenti che sa di cose antiche, di fanciullezza, di fame e di gola, che non si lava mai dal tagliere, ma si pulisce con la redmatra di ferro che lascia sul desco il sapore della vita.
Lui, il vecchio, siede ancora fuori della porta e il tempo gli pesa mentre sa la sgheta sbuccia il bastone della polenta: il cazzagno come lo chiamano a Cantiano, un ramo di quercia forte e nodoso, il ramo del patriarca; perché solo lui, che è il custode di un antico modo di vivere, sa fare certe cose, e sa dove tagliare e sa come scegliere, perché il legno si biforchi e sgrani con arte e sapienza la farina. Fa tutto con cura, secondo il rito, perché egli stesso ne fa parte e si ostina, perpetuandone gli aspetti e le sostanze, a voler tramandare la sua memoria insieme a quella di un mondo che inesorabilmente scompare.
Una volta c’erano i caldai di rame e c’erano anche i calderai, zingari per lo più e negletti, che sapevano riparare i paiuoli con una pezza così adattata che non lasciava passare un filo d’acqua. Una volta le cose dovevano durare a lungo e troppo ce ne voleva prima di buttarle, così passavano di mano in mano, di dote in dote, di famiglia in famiglia e servivano a più generazioni. Lui, il vecchio, dice ancora che il caldaio deve essere di rame perché la polenta deve bollire a lungo e frantumarsi in una miriade di bolle dense e pastose che a me ricordano quelle di una solfatara. E ci vogliono muscoli e braccia forti per girarla, sempre come gira l’orologio, se no si attacca, mentre sotto il fuoco brucia la legna e arde tra vampate di fumo e di calore.
Eppure la polenta non nutre mai abbastanza, presto tira la pancia facendola sentire ben sazia e presto l’allenta cedendo ancora il posto alla fame: la polenta presto tira e presto allenta dice un antico proverbio l’aveva fatto lui, il vecchio, dopo aver macerato il sigaro che costantemente tiene spento in bocca, a chi gli chiede con che cosa è buona la polenta, risponde: sa la pulenta! Cum el pan sal pan!. Ma non è vero, e lui lo sa; a posta ti prende in giro e vuol fare l’asceta, perché una volta era stato costretto a farlo, non perché lo voleva, ma per necessità; ora anche lui, quando siede attorno al tagliere, se la mangia in fretta perché vuoi arrivare al cicolo che fa parte del condimento.
La polenta è buona con tutto, con il sugo fatto di un battuto di lardo e cipolle, olio, salciccia, carne macinata, conserva e certe spezie di cui mai ho scoperto il nome, con i fagioli, con lo stoccafisso, con il brodetto, con i funghi e con la fantasia di chi in cucina si sente un maestro e vuoi tentare, a dispetto del vecchio, vie nuove. Come grande fu la novità quando il granoturco ci giunse dalle Americhe, e noi chissà per quale fobia lo chiamammo turco, insieme alle patate, al pomodoro, al tacchino, all’anguria, e mai cosa più nostra fu questa da che divenne cibo della povera gente.
Gli italiani si dividono in terroni e polentoni, e noi marchigiani che siamo nel mezzo che cosa siamo? Magnapulenta sì, ma anche gente dura, testarda che sa ancora trovare nei cibi della propria tradizione il sapore della terra.
Una tre giorni all’insegna dell’enogastronomia tradizionale locale .
Il vecchio borgo storico di Piobbico, antica contea dei Brancaleoni ,rivive dando ampio spazio al glorioso Club dei Brutti che vanta oltre 40,000 tesserati in tutto il mondo .
Venerdì 7 settembre, cena con i Brutti , dove oltre all’intrattenimento musicale, si apriranno i seggi elettorali e gli sfidanti che ambiscono alla carica di presidenza del club ,elencheranno i propri programmi.
Sabato 8 apertura delle cantine, dove sarà possibile assaggiare i menù a base di polenta, strettamente legati alla nostra tradizione: Polenta con Lumache, Polenta sulla spianotora di legno e sugo, Polenta con Merluzzo , taglieri e formaggi locali e buon vino.
Domenica 9 Tradizionale Sagra del Polentone alla Carbonara ,cantine aperte per le vie del borgo ,visite guidate a Palazzo Brancaleoni che con le sue 150 stanze , i vestiti di corte esposti , stucchi e affreschi ad opera del Brandani, rende vanto e lustro al nostro piccolo paese ricchissimo di storia e fortemente legato alle tradizioni; alle ore 16,00 circa verrà proclamato il nuovo presidente dei Brutti, che sfilerà per le vie del paese con un corteo folkloristico che saprà regalare al pubblico attimi di vero divertimento. Piobbico un piccolo paese in provincia di Pesaro e Urbino, alle pendici di Monte Nerone, con una storia ultra millenaria che saprà emozionare sia gli occhi …che la gola….vi aspettiamo!
Possibilità di sosta per camperisti, diverse le strutture dove è possibile pernottare a prezzi accessibilissimi….insomma di tutto di più…mancate solo voi!!
Mentre eravate intenti a girare la polenta, vi siete persi l’articolo il polentone alla carbonara con il sugo di sufrangoli